Personaggi illustri - Comune di Forlimpopoli (FC)

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PERSONDAGGI ILLUSTRI

Muzio Artesino (XIV sec.)
Detto Armuzzo Dalle Spade, fu celebre condottiero e glorioso capitano di ventura durante la trasformazione dei Comuni in Signorie. Difensore della sua città sotto Ordelaffi il Grande fu uno dei primi cittadini, dopo l’eccidio di Albornoz, a ricostruire la sua casa.

Italiano Armuzzi (XV sec.)
Forse figlio di Muzio, fu capitano di ventura; dopo essere stato al servizio della Chiesa, sotto Francesco Sforza, passò agli ordini di Piccinino. Questi, diffidente, il 26 Aprile 1446 lo fece uccidere in Roccacontrada.

 

Antonello Armuzzi (XV sec.)
Figlio di Giovanni e nipote di Italiano servì, con lo zio, prima Sforza poi Piccinino. Incarcerato da Visconti, duca di Milano, riuscì a fuggire e a riparare a Forlimpopoli. In uno scontro armato, presso Sinigaglia, fu ferito ad un piede ed obbligato a portare le zanche, per questo fu soprannominato Zampesco o Zampeschi, nome che la famiglia Armuzzi conservò. Morì a Forlimpopoli nel 1482.

 

Brunoro I Zampeschi (1465-1525)
Figlio di Antonello Armuzzi, venne reintegrato nei beni e feudi paterni da Giulio II che nel 1504 lo fece colonnello di cavalleria. Il padre aveva ottenuto il feudo dei castelli romagnoli da Papa Paolo II nel 1463, ma Sisto IV glieli tolse per punirlo di essere passato al servizio di Roberto Malatesta. Nel 1515 servì Lorenzo dei Medici, poi Leone X che aggiunse agli altri feudi quello di S. Arcangelo. Alla morte fu sepolto in S. Rufillo, dove il figlio Antonello gli preparò, sulla tomba di famiglia, quell’interessante monumento, in pietra d’Istria, dove il personaggio è coricato sul fianco sinistro.

 

Antonello Zampeschi (XVI sec.)
Dopo la morte del padre Brunoro I fu luogotenente delle galere del conte d’Anguillara. Nel 1535, da Papa Paolo III ebbe il feudo di Forlimpopoli, che lasciò in eredità alla vedova Lucrezia Conti ed al figlio minorenne, Brunoro II. Fu un feudatario dispotico ed odiato, peròmolto devoto ed arricchì la Chiesa di S. Rufillo di due pale di Luca Longhi e del monumento di Brunoro I. Morì nel 1551.

 

Brunoro II Zampeschi (1540-1578)
Continuò il mestiere degli avi al servizio del Pontefice, poi del duca di Savoia e del re di Francia che lo fece cavaliere dell’ordine di S. Michele, del duca di Urbino e della Repubblica di Venezia. Fu anche uno scrittore. È ancora noto il testo "L’innamorato", dialogo stampato in due edizioni. Morì a soli 38 anni e con lui si estinse la famiglia Zampeschi. La vedova Savelli nel 1591 gli preparò in S. Rufillo il sepolcro di pietra d’Istria dove è rappresentato a cavallo.

 

Matteo Vecchiazzani (1598-1674)
Offrì i suoi servizi ai potenti, fu a capo di un gruppo di mercenari popiliensi, ma la carriera militare non gli diede il prestigio che invece conquistò come segretario comunale, amministratore delle maggiori comunità religiose cittadine. Scrisse molte opere (ormai rare) ma le più note furono quelle relative alle leggi ed ai decreti per il buon governo di Forlimpopoli. La più importante è "Historia di Forlimpopoli con varie revolutioni delle altre città di Romagna" (1647).

 

Don Marco Uccellini (1610?-1680)
Grande compositore di musica e violinista fu al servizio dei duchi di Modena e Parma. Pubblicò molte opere musicali, tuttora conosciute e rivalutate. Fu il primo a volere una collegiata a Forlimpopoli e per tale realizzazione lasciò ai canonici di S. Rufillo tutti i suoi beni.

 

Filippo Maria Albertino Bellenghi (1758-1839)
Entrò nell’ordine dei Camaldolesi, si laureò in Teologia e Diritto canonico; scrisse opere in diverse lingue. Fu vicario e procuratore del suo ordine, presidente del Collegio Filosofico in Roma, poi fu nominato arcivescovo di Nicosia e delegato Apostolico in Sardegna. Fece studi approfonditi sulla flora dell’Appennino e scrisse testi con lo scopo di valorizzare e sfruttare convenientemente i boschi. Scoprì come ricavare tinture dal legno delle piante.

 

Napoleone Salaghi (1810-1884)
Nato a Forlimpopoli il 23 Settembre 1810, si laureò nel 1833 alla Facoltà di Medicina all’Università di Bologna. Fu fra i primissimi a praticare l’omeopatia, la sua opera fondamentale fu, infatti, "Patologia Nuova", pubblicata nel 1859. Somministrava le medicine ai suoi numerosissimi pazienti in granuli molto piccoli, tanto che fu soprannominato "e’ dutor dla garnela". Morì nel Novembre 1884, dopo aver esercitato per ben 45 anni. Nel cimitero monumentale di Forlì si può ammirare il suo busto sopra la riproduzione in marmo del suo libro più famoso.

 

Carlo Ghinozzi (1811-1878)
Figlio del giureconsulto forlimpopolese Giovanni Ghinozzi, fu coinvolto nei moti rivoluzionari del 1831. Dovette emigrare in Toscana, dove compì i suoi studi di medicina e conobbe Maurizio Bufalini, che poi sostituì alla Scuola di Perfezionamento di Firenze. Fu socio di varie accademie scientifiche e pubblicò numerosi lavori importanti fra i quali "Delirium tremens" e "Le considerazioni delle affezioni neuroparalitiche e di quelle relative alla difteria".

 

Pellegrino Artusi (1820-1911)
Figlio di Teresa Giunchi e di Agostino nacque a Forlimpopoli il 4 Agosto 1820 e crebbe, unico maschio, insieme a sette sorelle. Il padre, droghiere, partecipò ai moti del 1821 e del 1831. Fu membro del "Comitato di Governo di Forlimpopoli", infatti firmò il proclama del 6 Marzo 1831 inneggiante alla Libertà, all’Unione, alla Patria. Pellegrino, invece, detestava gli estremismi e non si dedicò alla politica. Studiò in seminario a Bertinoro poi per aiutare il padre nel commercio viaggiò in diversi paesi dello Stato Pontificio ed oltre i confini. Nel 1852 si trasferì a Firenze dove continuò a dedicarsi al commercio ed
in seguito fondò un banco di sconto. L’allontanamento da Forlimpopoli maturò a causa dell’impresa della banda del Passatore che la notte del 25 Gennaio 1851 si impadronì del Teatro Verdi e del paese. Il brigante Stefano Pelloni costrinse i signori a consegnargli gioielli e denaro. Entrò nelle case spargendo minacce e terrore e provocando la pazzia di Gertrude, sorella di Pellegrino. A Firenze l’Artusi trovò serenità e alternò all’attività finanziaria quella letteraria. Nel 1878 fece pubblicare alcuni saggi di critica: "Vita di Ugo Foscolo. Note al Carme dei Sepolcri" e successivamente "Osservazioni in appendice a trenta lettere di Giuseppe Giusti". Amante della cucina, ormai sessantenne iniziò a sperimentare e a raccogliere ricette tanto da diventare gastronomo di fama internazionale. Il suo successo è dovuto al libro "La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene" che pubblicò a sue spese nel 1891. L’opera, scritta con spirito e con prosa sapiente, è ancora attuale: tenta un dosaggio delle varie cucine regionali e offre una serie di ricette accessibili alla tipica famiglia borghese del tempo. Il testo è considerato il "primo classico" dell’arte culinaria nazionale e viene indicato con il nome stesso dell’autore. Morì a 91 anni, il 30 Marzo 1911 a Firenze e lasciò parte dei suoi beni al paese natale che, riconoscente, gli ha dedicato la Casa di Riposo, la Biblioteca, l’Istituto Alberghiero.

 

Emilio Rosetti (1839-1908)
Figlio di un fornaciaio, imparò a lavorare in fornace ma il padre lo avviò agli studi perché si impadronisse delle basi del sapere. Lo mandò a Firenze per continuare gli studi , poi all’Università di Bologna nella sezione di Matematica ed Ingegneria. Chiamato alle armi, fu inviato a Torino dove si laureò ingegnere nel 1864. Presso l’Università di Buenos Aires fu fondatore della Facoltà di Scienze Fisico Matematiche e Naturali ed ebbe molti altri incarichi che gli procurarono notorietà e prestigio. Viaggiatore attento e curioso, visitò tanti paesi, ma non dimenticò l’Italia ed il suo paese d’origine come testimoniano le sue opere: "La Romagna - Geografia e Storia", "Forlimpopoli e dintorni" e altre.

 

Antonio Stanghellini (1931-1964)
Figlio di un artigiano forlimpopolese fu un grande fisico, ricercatore e scienziato. Si laureò nel 1954 con 110 e lode. Non lasciò l’Università: dedicò i suoi interessi alle "particelle elementari" e scoprì che alcune esperienze fino ad allora eseguite nei laboratori di tutto il mondo erano sbagliate. Insegnò all’Università di Bari e nel 1964 vinse la cattedra di Fisica Teorica all’Università di Bologna. Un male incurabile gli tolse la vita a soli 33 anni, quando stava per raggiungere una fama mondiale.

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